Di Alessia D’Introno
Dopo la recente scomparsa della curatrice Koyo Kouoh (1967- 10 maggio 2025), nominata dal Presidente Pietrangelo Buttafuoco per curare la 61. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia 2026, il mondo dell’arte ha reagito con commozione e smarrimento. Uno dei principali interrogativi riguardava il futuro della mostra da lei ideata, completata prima della sua morte nell’aprile 2024.
Durante la presentazione ufficiale della Biennale, svoltasi il 27 maggio nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, si è reso omaggio alla sua visione e presenza a Venezia. La famiglia, insieme al team curatoriale, ha confermato l’intenzione di portare avanti e realizzare pienamente il lavoro da lei avviato, per onorare il suo lascito artistico e intellettuale.
Il team che accompagnerà la realizzazione della mostra è composto dalle advisor Gabe Beckhurst Feijoo, Marie Helene Pereira e Rasha Salti; l’editor-in-chief Siddhartha Mitter; e l’assistente Rory Tsapayi. Tutti si sono impegnati a rispettare e far risuonare fedelmente le intenzioni e la visione di Kouoh.

L’edizione da lei concepita, dal titolo In Minor Keys, è stata presentata con una grande profondità: una mostra sintonizzata sulle tonalità minori, spesso associati a stranezza, malinconia e dolore, che qui si manifestano in speranza e trascendenza. La mostra è un invito a rallentare, a perdersi con tutti i sensi, a entrare in uno spazio sospeso dove l’arte non è più solo rappresentazione, ma strumento di connessione e riequilibrio. Come nel jazz, tutto è apertura all’imprevisto. Non presenta una risposta diretta alle crisi del mondo, né un’evasione: è una proposta radicale di alleanza con la natura e con ciò che è stato a lungo escluso o disprezzato, come l’artigianato, la decorazione e i rituali. In Minor Keys si rivendica l’importanza di ascoltare ciò che è sommesso, invisibile, marginale: “è giunto il momento di ascoltare i sussurri, le frequenze basse, di scoprire oasi, isole…”.
Gli artisti coinvolti operano nei margini della forma, guidati da una sensibilità profonda e da un impegno sincero nel vortice del cambiamento costante. Non cercano di imporsi, ma di accogliere. Attraverso di loro, la mostra apre spazi di sogno, meditazione e resistenza silenziosa dove non si pretende di parlare per, ma soltanto di saper ascoltare.

La presentazione termina con un velo di tristezza, ma anche speranza, portato dalla poesia di Koyo Kouoh composta nel novembre 2022.
E francamente sono stanca.
La gente è stanca.
Siamo tutti stanchi.
Il mondo è stanco.
Anche l’arte stessa è stanca.
Forse è arrivato il momento.
Abbiamo bisogno di qualcos’altro.
Abbiamo bisogno di guarire.
Abbiamo bisogno di ridere.
Abbiamo bisogno di stare con la bellezza. Tanta.
Abbiamo bisogno di giocare.
Abbiamo bisogno di stare con la poesia.
Abbiamo bisogno di stare di nuovo con l’amore.
Abbiamo bisogno di ballare.
Abbiamo bisogno di fare e dare cibo.
Abbiamo bisogno di riposare e ristorarci
Abbiamo bisogno di respirare.
Abbiamo bisogno della radicalità e della gioia.
Il momento è arrivato.
Koyo Kouoh è stata una curatrice, produttrice culturale e figura di spicco nel mondo dell’arte, nota per il suo lavoro visionario nell’ambito dell’arte contemporanea africana. Ha ricoperto il ruolo di Direttrice Esecutiva e Curatrice Capo presso il Zeitz Museum of Contemporary Art Africa (Zeitz MOCAA) di Città del Capo da maggio 2019 fino alla sua scomparsa nel maggio 2025. In precedenza, è stata Direttrice Artistica fondatrice di RAW Material Company, un centro dedicato all’arte, al sapere e alla società con sede a Dakar, in Senegal. Nel 2024, Kouoh è stata nominata dal Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia, su proposta del Presidente Pietrangelo Buttafuoco, Direttrice del Settore Arti Visive, con l’incarico di curare la 61ª Esposizione Internazionale d’Arte prevista per il 2026.
La pratica curatoriale di Kouoh si è distinta per l’impegno nella realizzazione di mostre significative e attuali. Tra i suoi progetti più celebrati si ricordano Body Talk: Feminism, Sexuality and the Body in the Works of Six African Women Artists, presentata per la prima volta al WIELS di Bruxelles, Belgio (2015); Still (the) Barbarians, la 37ª edizione di EVA International, la biennale d’Irlanda tenutasi a Limerick (2016); e Dig Where You Stand, parte della 57ª Carnegie International a Pittsburgh (2018), una mostra che ha esaminato in profondità le collezioni del Carnegie Museum of Art e del Carnegie Museum of Natural History. Ha inoltre ideato Saving Bruce Lee: African and Arab Cinema in the Era of Soviet Cultural Diplomacy, un progetto di ricerca co-curato con Rasha Salti, presentato al Garage Museum of Contemporary Art di Mosca, Russia, e alla Haus der Kulturen der Welt di Berlino, Germania (2015–2018).